giovedì 23 giugno 2016

Un quadro, forse una vita



 
      Giunta ad 88 anni di età,  Lidia Biancotto ved. Spada uscì dalla cucina della “Trattoria dello Zuavo” e decise di voler vivere la “sua” vita. Si rendeva conto che l’aveva già vissuta giorno per giorno, per tanti anni, ma non come voleva Lei. Fece un quadro[1], uscì dalla vita vissuta ed entrò in quella del quadro. Non un quadro come ne aveva dipinti tanti raffiguranti donne ed uomini che aveva incontrato anche lì allo “Zuavo”, un quadro dei suoi desideri irrealizzati ed ora Lei non c’è più, ma il quadro è lì a farsi guardare da tutti ed io lo vedo così. 
      Andiamo da sinistra a destra come si legge un libro. C’è Lidia seduta ad un tavolo d’osteria, sotto una topia[2]: forse quella della Trattoria degli Angeli dove si fermava la filovia. Con il suo vestito più bello di plissé azzurro ed un bel boa di piume di struzzo è di fronte ad un bel gadan[3]. Che cosa dicevano gli uomini dell’Ottocento avvicinandosi ad una donna: “ma lo sa tota che lei è proprio carina... la posso invitare ad un ballo?”.
      E Lidia danza tra la gente. C’è lo studentello timido e c’è il marpione che stringe. Sullo sfondo vecchia coppia scolorita dalla vita e in primo piano il professore scapolone che veniva tutti i giorni a mangiar bene ed a prezzo fisso. Lo saluta il geometra suo allievo che ha fatto fortuna nell’edilizia. Cosa si suonava a Cuneo alla fine dell’‘800? Ma le polche e le mazurche del M°Paolo Tarditi: lui al pianoforte con il M°Oscar Chiocchio primo violino e quello di spalla di sua moglie Eulalia. 
       Uno sguardo da noi e Lidia è già andata via da Cuneo: è a Parigi e balla “Chez Maxim’s” con Charlot. Charlie Chaplin si chiamava così prima che diventasse celebre e ricco. La porta della cucina dove Lei lavorava da cuoca dava sul cortile, stretto e buio. I cortili di Charlot sono quelli stretti, bui e senza suoni, e lì l’ha incontrato, solo, e l’ha portato a ballare.
       Com’è strana la vita: sul ballo ha incontrato la sua amica cuneese, Rosa,  quella che era la moglie di Giacu Maja, il padrone del Caffè Roma e che diventata l’amante dell’avv.Rossi, l’ha costretto a fuggire con Lei per evitare lo scandalo. Ci ha pensato Tarade (voce cuneese dell’Innocente mussorskiano) a ricordarlo a Cuneo andando a gridare in giro: “J’a avocat a sun canaja, l’han rubaje la fumna a Maja”[4]. L’avvocato ora vende le acciughe, all’ingrosso e in società con un suo vecchio cliente di Celle Macra e in verità guadagna di più delle parcelle dei poveri montanari delle valli cuneesi. Non è la vita brillante che sognava Rosa quando era a Cuneo la cassiera del Caffè Roma e tutti le guardavano il generoso décolleté: aveva una bella voce e aveva cominciato a prendere lezione dalla famosa soprano di Beinette, Norma Fantini. Una carriera spezzata dall’amour: ma il suo avvocato almeno non l’ha abbandonata e da come la guarda, dietro il cappello in testa, si capisce che le vuol sempre bene.
       “Ma quella baiadera vestita di rosso, io l’ho già vista”, si diceva Lidia e finalmente le sovvenne: ma era la contessa di Castiglione, l’amante di Napoleone III. Già Lei l’aveva conosciuta a Cuneo quando era venuta a cantarvi “La Traviata” e dopo lo spettacolo a cenare allo Zuavo come facevano tutti gli artisti che si esibivano nel vicino Teatro Toselli: ci sono le foto con gli autografi a ricordarlo. E Lidia ricordava bene che era stata proprio Lei a dare un bacio sulla bocca all’assessore alla cultura di allora, l’avv. Nello Streri e Cristiana, la moglie le sibilò  addosso “puttana di lusso”. Carolina Invernizio, la dama a cui il Sindaco aveva affidato la compagnia della Contessa, svenne. Uno scandalo, ma forse Cristiana, pur sempre generosissima con Nello, non aveva tutti i torti. 
       “Come sta contessa” disse Lidia, “si ricorda di Cuneo?”. “Sì certamente, con piacere, avevo proprio questo vestito rosso quella sera… ma non sono più i tempi di Napo” disse mestamente. Però nel quadro/ricordo Lidia la fa ballare spensierata, sola, ma con le nacchere. 
       Lidia è buona e le piace pensar bene. Quanti pianti, da Cinema Nazionale, mentre dipinge la pellicola del suo quadro. Charlot è già con un’altra donnina (Paulette Goddard?): “di certo” pensa Lidia “ha un orribile vestito giallo”.
      Al fondo del quadro della vita ritornano sempre i ricordi di gioventù e della famiglia di origine, se uno l’ha.
    Roccia montana è il padre, il cav.Biancotto che ticchettava i telegrammi per i Reali della casette di S.Anna di Valdieri: cappello in mano e la bambina che porgeva i fiori alla Regina Elena è Elena l’altra figlia, la cara sorella di Lidia. A Lei che le è stata accanto anni ed anni, fino alla fine, Lidia donò la dolce figura “de la fille aux cheveux de lin” con cui Claude Debussy veniva nel vecchio pianoforte dello “Zuavo”. 

        Fine del quadro: Gianni l’ha esposto lì, allo Zuavo, ove in tanti altri quadri è rappresentata la vita vissuta di Lidia. Enrico Sanna, Claudio Bonichi e altri cari amici insieme ai tavoli, ai bicchieri di vino e alle torte che Lidia faceva, buonissime, sono testimoni.

  Mi sono seduto e guardando, il silenzio mi raccontava che la vera vita di Lidia forse era lì in quel quadro, perché - si sa - la vita è sogno.

Da: Antonio Sartoris, Ottant'anni: la belle époque della vita, Edizioni Fondazione Casa Delfino Onlus, Cuneo, 2010

[1] Il quadro di cui si parla è quello riprodotto in questo post. 
[2] Termine tratto dal vernacolo piemontese. Topia dicesi di pergolato. 
[3] Gadan = bellimbusto 
[4] "Gli avvocati sono canaglia, hanno rubato la moglie a Maja"

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