Sono andato a trovare Giorgio Buridan nella sua bella
villa della Vallera di Caraglio. Sapevo della sua romantica infanzia nel villone
del nonno affacciato sul Lago Maggiore di Stresa, sapevo pure della sua ardente
giovinezza di partigiano della Val d’Ossola.
Quel poggio che si affacciava sulla verde Val Grana e su cui si ergeva
bianca quella che sarebbe stata la sua ultima casa, mi è subito apparso la
sintesi della sua vita. Diceva che “per
i nativi come me e come Piero Chiara o Vittorio Sereni il lago è qualcosa di
magico e inesprimibile”, ma anche la montagna lo è.
Al cancello mi è venuto incontro
il suo bel cane bianco e dietro di lui Giorgio, il letterato. “Come va?” “Eh
non sono più i tempi eroici della lotta partigiana... Vivo di ricordi ma sono
sereno”. Mi guardavo intorno “Cosa fai ora?” “ Di bello faccio il pane, non ci
crederai ma qui a Caraglio ho trovato tanta pace e, nel respiro dei boschi, dei
folletti così gentili che mi aiutano a mangiare in compagnia. Perciò mi piace
proprio fare il pane e veramente ne faccio tanto: viene a vedere”.
Mi portò in una specie di garage
che aveva trasformato nel “teatrino del forno del pane”. Lì cuoceva e si
mangiava il “suo” pane ma lui lo faceva di sopra, in un grande stanzone dove
troneggiava un enigmatico gatto verde, eretto in statua egizia. Vi erano i
tanti libri e i tanti ricordi della sua ricca vita di partigiano e di artista
ed era lì che lui faceva il suo pane. Su un lungo tavolo infarinato vi erano
miche e michette di vario peso e formato. Mi avvicinai e vidi che Giorgio le
aveva anche personalizzate. Leggere,
leggere sulle future dorate croste sarebbero apparse le lettere di tantissimi
nomi pieni di sapori. Li aveva gustati lui prima di offrirli agli altri.
Gabriele
d’Annunzio e Giovani Pascoli, Charles Baudelaire e Victor Hugo, Rainer Maria
Rilke e Maurice Maeterlink, Jean Paul Sartre e Paul Eluard, Orazio e Jean de La
Fontaine, Paul Verlaine e Alfred de Vigny, Giuseppe Giusti e Alessandro
Manzoni, Francois Marie Arouet, detto Voltaire e Francois de La Rochefoucauld,
Ludovico Ariosto e Pietro Metastasio, ma anche Wiston Churchill e George
Clemenceau, Elwin Rommel e Dwingt David Eisenhower, e molti, molti altri.
“E tutto questo pane te lo mangi tu?” “No, per fortuna:
ho in casa una cara ragazza dai capelli rossi: mi aiuta tanto, a tagliare,
condire e porgere questo pane e un buon companatico e sotto, lì nel “teatrino
del forno del pane”, facciamo tante belle mangiate e feste con tanti amici: sei
venuto anche tu! Il buon pane si mangia
in qualsiasi momento, da solo, ma anche in buona compagnia”.
Dovevo andare
anche per rispetto agli altri amici che erano venuti a salutarlo. Mi accompagnò
verso il cancello e nel tepore dell’aria profumata, un pianoforte suonava
lontanamente “la fille aux cheveux de lin” di Claude Debussy: allora gli dissi,
salutami Alda[1].
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