Dopo il concerto al Circolo Sociale di Cuneo del celebre
violinista genovese Nicolò Paganini, sul giornale cittadino Il Subalpino comparve
questa nota di costume a firma
Achille Campanile e con il titolo “Paganini non ripete”:
“Quando Paganini, dopo un ultimo interminabile acrobatico
geroglifico di suoni rapidissimi, ebbe terminata la sonata, nel salone di via
Roma del Circolo Sociale, scoppiò un applauso da far tremare i candelabri
gocciolanti di cera e iridescenti di cristalli di rocca, che pendevano dal
soffitto. Il prodigioso esecutore aveva entusiasmato, come sempre, l’uditorio. Calmatosi
il fragore dei consensi e mentre cominciavano a circolare i rinfreschi e d’ogni
intorno si levava un cicaleccio ammirativo, la marchesa di Sambuy, seduta in
prima fila disse con la voce cavernosa e fissando il concertista con un sorriso
che voleva essere seducente: “Bis!”. Inguainato nella marsina, con le ciocche dei
capelli sugli occhi, Paganini s’inchinò galantemente, sorrise alla vecchia
gentildonna e mormorò a fior di labbra: “Mi dispiace, Marchesa, di non poterla
accontentare. Ella forse ignora che io, per difendermi dalle richieste di bis
che non finirebbero mai, ho una massima dalla quale non ho mai derogato né mai
derogherò: ‘Paganini non ripete’ ”.
La vecchia signora non l’udì. Con un entusiasmo quasi
incomprensibile in lei, che era sorda come una campana, continuava a battere le
mani ed a gridare, con le corde del collo tese come una tartaruga:
“Bis! Bis!”
Paganini sorrise compiaciuto di tanto entusiasmo, ma non
si lasciò commuovere. Fe’ cenno alla vecchia dama di non insistere e ripeté con
cortese fermezza:
“Paganini non
ripete.”
“Come?” fece la vecchia che, naturalmente, non aveva
sentito.
“Paganini” ripeté il grande violinista, a voce più alta,
“non ripete.”
La vecchia sorda non aveva ancora capito. Credette che il
musicista avesse consentito e si dispose ad ascoltare nuovamente la sonata. Ma
vedendo che il celebre virtuoso s’accingeva a riporre lo strumento nella
custodia, esclamò afflitta:
“Come? E il bis?”
“Le ho già detto, signora” fece Paganini “Paganini non
ripete.”
“Non ho capito” disse la vecchia.
“Paganini non ripete” strillò Paganini.
“Scusi,” fece la vecchia “con questo brusio non si arriva
ad afferrare le parole. Parli un più forte, per cortesia.”
Il violinista fece portavoce delle mani attorno alla
bocca e le urlò quasi all’orecchio:
“Paganini non ripete!”
La vecchia scosse il capo.
“Non ho capito le ultime parola” gridò come se sordo
fosse l’altro.
“Non ripete, non ripete, Paganini non ripete” strillò il
virtuoso.
La vecchia
signora lo continuava a guardare interrogativamente e allora Paganini disperato
si rivolse all’organizzatore della serata, il dott. Enzo Tenino: “Mi faccia il
favore, glielo dica lei. Gliel’ho ripetuto venti volte, glielo sto ripetendo:
non ripeto. Quante volte glielo debbo ripetere?”
Quando il dott. Enzo Tenino nel suo ufficio
(seconda porta a destra del corridoio del primo piano del Municipio di Cuneo),
segretario del segretario comunale Tofu Fornaseri, lesse questa roba sul “suo”
concerto del secolo, sbottò “Ma chi è questo Campanile, non deve essere neanche
di Cuneo... con questo umorismo, sottile umorismo, non andrà lontano... sta di
fatto che ha offeso la Marchesa, lei sempre presente e pagante”.
Per il dott. Tenino che con tanto
impegno dovuto alla passione (praticamente in Comune non faceva altro) riusciva
ad organizzare l’unica stagione concertistica che si svolgeva nella Cuneo del
Dopoguerra il problema del pubblico era fondamentale. Non c’è niente di peggio per un organizzatore
di concerti di ricevere e intrattenere il concertista nella sala degli artisti
e poi sbirciare nella vicina sala dei concerti e vederla vuota: e sono già le
21 ed un quarto passate. L’unica cosa da fare era telefonare a casa e dire alla
moglie, alla cognata ed anche alla serva Carolina, di precipitarsi al Circolo,
non importa con quale vestito, non importa se il concerto fosse già iniziato:
venite, venite e in prima fila, che a luci abbassate gli esecutori vedono solo
quella.
Non dimenticava mai cosa era
successo la sera del 30 Novembre del 1921.
Giovani universitari, suoi compagni di scuola, quelli che
sarebbero stati i professionisti della futura società cuneese: Riccardo
Sartoris, i fratelli Marcello, Beppe e Gigi Bianco, Costanzo Morelli, Giordano
(detto il cupo) Giorgio Federico Ghedini (il futuro compositore) erano riusciti
ad ottenere che Bronislav Huberman venisse a suonare a Cuneo.
Si trattava del più grande violinista del suo tempo, era un ebreo
(infatti l’attuale Orchestra Sinfonica Nazionale di Israele è stata dedicata al
suo nome con il concerto inaugurale diretto da Arturo Toscanini) e
l’organizzazione di quel concerto era costata tanta fatica.
In platea vi erano ventisette persone.
Riccardo Sartoris (mio padre)
continuava a rimandare l’apertura del sipario sperando che almeno qualcuno dei
tanti che erano stati personalmente contattati ed avevano promesso di venire
sarebbe arrivato, seppure molto ritardatario. Niente, ventisette erano e
ventisette rimanevano. Andarono a scusarsi dal M°Huberman e con il suo pianista
accompagnatore, Frederich Chopin, ma lui seraficamente disse loro “Tolle
siparium, sufficit mihi unus Plato pro cuncto populo [1]”.
Ed allora il sipario si aprì e
Huberman suonò da par suo, ma non venne mai più a Cuneo!
Con Paganini era stata un'altra cosa:
ma erano anche altri tempi!
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